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Viaggio inaspettato nell’arte dei fabbri ferrai
Alla scoperta degli angoli nascosti della città. Ecco il museo del Ferro, un luogo dove il tempo non esiste, nel cuore di Alessandria; un viaggio che nessuno si aspetta
Alla scoperta degli angoli nascosti della città. Ecco il museo del Ferro, un luogo ?dove il tempo non esiste?, nel cuore di Alessandria; un viaggio che nessuno si aspetta
Quando suoni il campanello di via Guasco n.140 nell’ottocentesca casa Lodigiani, centro storico di Alessandria, non puoi immaginare quale viaggio stai per intraprendere. Qui si trova da oltre vent’anni un museo molto particolare, il Museo del Ferro.
La facciata discreta del palazzo nasconde un vero e proprio viaggio attraverso i secoli. E a farti da guida in questo percorso è il “padrone di casa”, il cavaliere scultore Francesco Ianniello. Originario della Campania – “terra di fabbri da secoli”, sottolinea con orgoglio – è un “figlio d’arte” perché nella sua famiglia lavorano il ferro da quattro generazioni (il bisnonno era maestro di chiavi, il nonno e il padre fabbri ferrai). E di questa tradizione ne ha fatto la propria ragione di vita, ripercorrendo il lavoro degli avi e aggiungendovi ricerche e suggestioni personali.
Nelle sue opere si ritrovano quattro stili diversi: gotico, barocco, rinascimento e rococò che danno vita a lavorazioni particolari “a costola”, o “a sinusoide”.
Il ferro sembra così duttile, con le maglie che si intrecciano in mille evoluzioni per incontrarsi verso l’alto, creando strutture ariose che ingannano l’occhio sembrando leggerissime, nascondendo il peso di tonnellate; tutta la lavorazione è fatta a mano, senza saldature, come avveniva più di cent’anni fa, con un “lavoro matematico”, spiega Ianniello. I pezzi esposti sono di varie ispirazioni: colonne e catene ornamentali, persino il modello che ispirò la catena della bicicletta di Jacques de Vaucanson. Non chiedetegli quanto tempo ci voglia per realizzare un’opera, perché, vi spiegherà, “qui il tempo non esiste”. “Se devo dire però qual è la lavorazione più difficile” – dice – è quella a torsione di spigoli, come si usava nel XVII secolo”. Il pezzo da 90 è un tripode bruciaprofumi che troneggia nell’ingresso del museo, ispirato a un modello originale della Cina imperiale (la leggendaria dinastia Ming, del 1300) e che nasconde una profonda simbologia: la conquista del mondo, rappresentato da un globo di ferro posto al centro del braciere.
Il tempo scorre in fretta tra i numerosi racconti di Ianniello. Dietro ogni opera c’è una storia, un viaggio, un’ispirazione. Come l’arte primitiva della Mongolia interna, i graffiti preistorici, gli ideogrammi e la scrittura ideografica cinese. O, ancora, il labirinto sotterraneo di Riverside, riprodotto su una lastra di acciaio e un antico calendario del 312 a.C. utilizzato nel Lazio e in Campania. Una sperimentazione continua, così come faceva Efesto, il dio fabbro dell’antica Grecia cui Ianniello ha dedicato un’incisione.
Un percorso interessante nella storia, anche quella dei secoli bui. Una sala, infatti, è dedicata agli strumenti di tortura (come il pendolo, perfettamente riprodotto) e alle armi di ogni secolo, come i pugnali dei Batavi, le daghe da combattimento, la leggendaria spada dei templari. Lo scultore ha riprodotto persino una ghigliottina (perfettamente funzionante) che, come racconta sfatando un mito, è “italiana doc”, perché nata a Napoli nel 1412.
Altro pezzo forte è la sala delle chiavi: nel solco dell’antica arte del magister clavarius e dopo anni di ricerche e studi, Ianniello ha realizzato 250 chiavi in acciaio C.30, appartenenti a epoche e luoghi diversi. Ma il ferro si intreccia anche alla passione personale dello scultore per l’opera di Giuseppe Verdi, da cui sono nati ben 27 completi per caminetto, “corteggiati” dalla città di Parma.
A completare il percorso c’è anche una biblioteca con volumi di storia dell’arte e di archeologia consultabili in loco. Sono attualmente in ristrutturazione due nuove sale che ospiteranno presto altre opere, soprattutto scudi e alabarde.
Unico rammarico del padrone di casa è che il suo museo, le cui opere hanno fatto il giro dei più importanti musei d’Italia e del mondo (Parigi e Boston, solo per citare alcune location) sia poco conosciuto in città, mentre invece i visitatori arrivano da tutta Italia.
Un viaggio da non perdere, per gli appassionati di cultura e di storia o semplicemente per chi vuole saperne di più su questa arte antichissima. Per altre informazioni c’è il sito. Orari: da lunedì a domenica: 09:30 – 12:30 e 15:30 – 18:30. Chiuso il mercoledì. Ingresso gratuito. La prenotazione (al numero 0131 226368) è gradita per le visite del sabato e della domenica e per i gruppi. Negli altri casi, basta suonare al campanello di via Guasco, oppure al n. 19 di via Sant’Ubaldo (abitazione). Sarà lo scultore ad aprirvi, per condurvi in un viaggio attraverso i secoli.
Nelle sue opere si ritrovano quattro stili diversi: gotico, barocco, rinascimento e rococò che danno vita a lavorazioni particolari “a costola”, o “a sinusoide”.
Il ferro sembra così duttile, con le maglie che si intrecciano in mille evoluzioni per incontrarsi verso l’alto, creando strutture ariose che ingannano l’occhio sembrando leggerissime, nascondendo il peso di tonnellate; tutta la lavorazione è fatta a mano, senza saldature, come avveniva più di cent’anni fa, con un “lavoro matematico”, spiega Ianniello. I pezzi esposti sono di varie ispirazioni: colonne e catene ornamentali, persino il modello che ispirò la catena della bicicletta di Jacques de Vaucanson. Non chiedetegli quanto tempo ci voglia per realizzare un’opera, perché, vi spiegherà, “qui il tempo non esiste”. “Se devo dire però qual è la lavorazione più difficile” – dice – è quella a torsione di spigoli, come si usava nel XVII secolo”. Il pezzo da 90 è un tripode bruciaprofumi che troneggia nell’ingresso del museo, ispirato a un modello originale della Cina imperiale (la leggendaria dinastia Ming, del 1300) e che nasconde una profonda simbologia: la conquista del mondo, rappresentato da un globo di ferro posto al centro del braciere.
Il tempo scorre in fretta tra i numerosi racconti di Ianniello. Dietro ogni opera c’è una storia, un viaggio, un’ispirazione. Come l’arte primitiva della Mongolia interna, i graffiti preistorici, gli ideogrammi e la scrittura ideografica cinese. O, ancora, il labirinto sotterraneo di Riverside, riprodotto su una lastra di acciaio e un antico calendario del 312 a.C. utilizzato nel Lazio e in Campania. Una sperimentazione continua, così come faceva Efesto, il dio fabbro dell’antica Grecia cui Ianniello ha dedicato un’incisione.
Un percorso interessante nella storia, anche quella dei secoli bui. Una sala, infatti, è dedicata agli strumenti di tortura (come il pendolo, perfettamente riprodotto) e alle armi di ogni secolo, come i pugnali dei Batavi, le daghe da combattimento, la leggendaria spada dei templari. Lo scultore ha riprodotto persino una ghigliottina (perfettamente funzionante) che, come racconta sfatando un mito, è “italiana doc”, perché nata a Napoli nel 1412.
A completare il percorso c’è anche una biblioteca con volumi di storia dell’arte e di archeologia consultabili in loco. Sono attualmente in ristrutturazione due nuove sale che ospiteranno presto altre opere, soprattutto scudi e alabarde.
Unico rammarico del padrone di casa è che il suo museo, le cui opere hanno fatto il giro dei più importanti musei d’Italia e del mondo (Parigi e Boston, solo per citare alcune location) sia poco conosciuto in città, mentre invece i visitatori arrivano da tutta Italia.
Un viaggio da non perdere, per gli appassionati di cultura e di storia o semplicemente per chi vuole saperne di più su questa arte antichissima. Per altre informazioni c’è il sito. Orari: da lunedì a domenica: 09:30 – 12:30 e 15:30 – 18:30. Chiuso il mercoledì. Ingresso gratuito. La prenotazione (al numero 0131 226368) è gradita per le visite del sabato e della domenica e per i gruppi. Negli altri casi, basta suonare al campanello di via Guasco, oppure al n. 19 di via Sant’Ubaldo (abitazione). Sarà lo scultore ad aprirvi, per condurvi in un viaggio attraverso i secoli.