Ferrari: “che ne sarà del nostro Teatro Comunale?”
Lex direttore del Teatro Regionale Alessandrino (e prima ancora dellAta) analizza trentanni di politiche teatrali del nostro territorio, tra traguardi e fallimenti. Con lo sguardo rivolto ad un futuro incerto
Lex direttore del Teatro Regionale Alessandrino (e prima ancora dellAta) analizza trentanni di politiche teatrali del nostro territorio, tra traguardi e fallimenti. Con lo sguardo rivolto ad un futuro incerto
“Non ho nessuna intenzione di fare il prepensionato. Ci sono tanti modi per provare a dare ancora una mano a questa città”. Si presenta così Franco Ferrari, battagliero. Chi per trent’anni (sia pur intervallati da diverse altre esperienze) lo ha apprezzato nella sua veste di organizzatore culturale sempre all’avanguardia, ai vertici prima dell’Ata (Azienda Teatrale Alessandrina) e poi del Tra (Teatro Regionale Alessandrino), sa quanto gli “pesi” vedere Alessandria nelle attuali condizioni, con un teatro chiuso “sine die”, e l’impressione diffusa che la cultura sia un lusso di cui, di questi tempi, in fondo si può fare a meno. Ma non è la lamentela “la chiave” del ragionamento di Ferrari: semmai l’analisi della realtà, finalizzata a nuovi progetti possibili.
Dottor Ferrari, dall’ipotesi del secondo Teatro Stabile piemontese, ad un enorme punto interrogativo sul futuro del Teatro Comunale, tra amianto e crisi finanziaria…
Un bel salto vero? Purtroppo così è andata, almeno fino ad oggi. E mi creda, per me che ho vissuto con passione e dall’interno il percorso di produzione artistica e culturale sviluppatosi dal 1978 nelnostro Teatro Comunale, vederlo chiuso e con un domani incerto è una pena.
Si parla di riapertura delle sale cinematografiche a settembre, e di ripartenza della stagione teatrale in sala grande a gennaio 2012..
Io oggi sono un semplice osservatore, come lei e i lettori, avendo chiuso il mio rapporto di lavoro come direttore del Tra in maniera consensuale a fine marzo. Come alessandrino non posso che fare il tifo per una riapertura rapidissima. E soprattutto auspico che nessun posto di lavoro, neanche precario e a termine, debba “saltare”. Posso dire però che sono scettico su questa tempistica? Forse tecnicamente potrebbe riaprire la saletta Zandrino. Sul resto delle sue previsioni ho fortissimi dubbi…
Dubbi legati ai tempi di bonifica dall’amianto, o rispetto a scelte politiche?
Di entrambi i tipi. La vicenda amianto nelle sale è stato il classico castigo degli Dei, e spetta ai giudici e non certo a me stabilire le eventuali responsabilità, umane e non divine naturalmente. C’è un’indagine in corso, e vedremo quali saranno le valutazioni dei magistrati. A me però sembra che la bonifica sia sostanzialmente ferma, e naturalmente è lecito coltivare anche il sospetto che qualcuno stia valutando la possibilità di dire: beh, ma ad Alessandria quella struttura teatrale lì è proprio necessaria? Non possiamo cavarcela al risparmio utilizzando il Sociale di Valenza, e affittando ogni tanto l’Alessandrino?
E dell’edificio che ospita il Comunale che si farebbe? Qualche tifoso dei Grigi nelle scorse settimane ha ironicamente proposto di abbatterlo, e farci il nuovo stadio…
Bella battuta. Ma resta il fatto che ovunque, pur tra mille difficoltà finanziarie, i teatri anche piccoli cercano di riportarli in vita. Noi ne abbiamo uno splendido, moderno e dalle potenzialità enormi, e lo abbandoniamo lì così, nel cuore della città? Sarebbe un delitto…Ma lo sa che al Comunale si organizzavano fino ad un anno fa 3-4 avvenimenti giornalieri di ogni tipo per 10/11 mesi all’anno? Non solo teatro e cinema, ma conferenze, riunioni professionali, progetti culturali con le scuole. Era il cuore pulsante della cultura cittadina. E’ un capitale pubblico, un valore per tutti gli alessandrini.
Proviamo a ripercorrere rapidamente la storia del Teatro Comunale, che poi si intreccia con il suo personale percorso professionale?
Volentieri, sperando di riuscire a farlo in un’ottica di comprensione del presente, e non come amarcord. Il Comunale fu inaugurato nell’ottobre 1978, dopo che nel 1977 il Comune di Alessandria, con scelta all’epoca assai innovativa, aveva deciso di non gestirlo in economia, ossia internamente, ma di creare una società ad hoc, una municipalizzata come si diceva allora. E l’elemento più straordinario (se rapportato all’oggi, almeno) è che identificarono per il consiglio di amministrazione tutte persone davvero competenti in termini di cultura e teatro. Naturalmente la politica c’era, e c’erano dentro comunisti, socialisti, democristiani, laici. Io stesso, giovane laureato in Storia del Teatro a Genova con la prima tesi italiana sul teatro di Dario Fo, fui indicato in consiglio dal Psi. E mi ritrovai al fianco di persone del livello di Adelio Ferrero, Delmo Maestri, Ugo Zandrino, Lucio Bassi, Nuccio Lodato. Le assicuro, un’esperienza culturale e professionale straordinaria. Poi c’era l’apporto esterno di Enrico Foà e di Giorgio Guazzotti, alessandrino direttore del Teatro Stabile di Torino, che fu essenziale per far decollare il progetto alessandrino. E Guazzotti fu per me un vero maestro: mi spiegò, convincendomi, che in Italia assistenti universitari e critici teatrali ce n’erano già tanti, e mancavano completamente gli organizzatori di teatro. Mi convinse, e mi mandò due anni a Roma ad imparare il mestiere. Nel 1982 tornai ad Alessandria, vincendo il concorso pubblico come direttore dell’ATA.
Nessuno in quegli anni storceva il naso all’idea di spendere soldi pubblici per teatro, cinema, cultura?
Ma come no, gli scontri feroci e le critiche c’erano pure allora, e la politica era ben presente. Ma era una politica che aveva il coraggio di esplorare nuovi percorsi, e la capacità di scegliere su chi puntare in base alle competenze di ognuno. E poi, naturalmente, la situazione complessiva del Paese non era disastrosa come è oggi, per cui è ovvio che tutti i comparti ne risentano, compresa non solo la cultura, ma anche le arti di intrattenimento, come è corretto definire cinema e teatro.
Lei ad un certo punto lasciò Alessandria, poi tornò…la politica anche qui conta?
Conta la politica, e contano scelte di vita. Me ne andai dall’Ata, licenziandomi, nel 1997, per dissenso aperto con il sindaco di allora, Francesca Calvo. Che pure rispetto ad alcunefigure attuali non esito a definire un gigante, capace di scontri duri ma anche di chiarezza. Comunque lavorai due anni a Milano come consulente, poi fui per quattro anni direttore organizzativo del Teatro Stabile di Trieste, quindi direttore del Personale del Teatro Regio di Torino.
Quando rientrò ad Alessandria che situazione trovò?
Molto stimolante, e sembra strano siano passati così pochi anni, davvero. Era il 2006, e fui convinto a rientrare dalla chiamata e dal progetto dell’allora sindaco Mara Scagni. Assunsi il ruolo di presidente della Fondazione Tra, che nasceva proprio in quei mesi, e l’idea ambiziosa era di far crescere l’offerta teatrale in maniera articolata sul territorio. Nel Tra entrò anche il Comune di Valenza, per arrivare alla riapertura e al rilancio di quel gioiellino straordinario che è il Teatro Sociale, che era chiuso da vent’anni. L’obiettivo inoltre era di non essere solo propositori di importanti calendari teatrali e cinematografici, ma di diventare noi stessi produttori di spettacoli teatrali.
Lo ricordo bene: sembrava che il secondo Teatro Stabile del Piemonte fosse alle porte, e dovesse parlare alessandrino….
E’ così. Con il sindaco Scagni eravamo riusciti a convincere il presidente della Regione Mercedes Bresso, e il mondo teatrale torinese, che per una serie di ragioni Alessandria aveva le carte in regola per quel ruolo. Tant’è che sfilandolo dallo Stabile di Torino la Regione ci mandò, come direttore artistico, Gabriele Vacis, e cominciò una nostra attività di produzione che ha portato a spettacoli di ottimo livello della stesso Vacis, fino agli ultimi: Zio Vanja e I Rusteghi, o Crociate con il grande Valerio Binasco, presentato in prima assoluta al Festival di Spoleto 2010.
Ad un certo punto si parlò anche di estendere l’attività del Tra a Tortona, con la gestione del nuovo teatro Delle Piane. Poi che successe?
Credo che il Delle Piane sia tutt’ora fermo e chiuso, non so che ne faranno. Intendiamoci: a Tortona c’è una piccola bomboniera straordinaria, che è il Teatro Civico. Per dinamiche che non conosco nel dettaglio, ad un certo punto furono intercettate importanti risorse europee e regionali, e si decise di costruire un secondo teatro, il Delle Piane. Che per la sua conformazione peraltro poteva diventare un importante pilastro produttivo nell’ambito del progetto del secondo Teatro Stabile piemontese, che immaginavamo come una struttura distribuita sul territorio. Non un carrozzone insomma, ma una risorsa preziosa per tutta la nostra provincia.
Poi la politica ha preso strade diverse, e il Teatro, Stabile o no, ha smesso di essere una priorità?
Mah, sicuramente è un fatto che in Regione è cambiato il colore politico dell’amministrazione, e ad Alessandria pure. Mentre a Tortona, pur nella continuità, il nuovo sindaco ha stoppato qualsiasi progetto congiunto con Alessandria, sul fronte teatrale. E al tutto si è aggiunta poi la vicenda amianto, castigo degli Dei e pasticciaccio degli uomini. Io nel frattempo nell’ottobre 2007 avevo visto trasformato il mio ruolo in quello di direttore del Teatro, con la presidenza assegnata dal sindaco Fabbio ad Elvira Mancuso. Via via la sintonia con la proprietà è venuta meno, sia sul piano della progettualità che dei comportamenti gestionali, con divergenze sempre più insostenibili: nel mio percorso professionale in questi casi ho sempre preferito cambiare strada. Con soddisfazione direi anche della controparte: non mi sono dimesso (non vedo perché avrei dovuto), né sono stato licenziato (non avrebbero potuto avere neanche la più piccola motivazione), ma abbiamo risolto il rapporto consensualmente.
Ed ora che sta facendo?
Un sacco di cose, davvero. Sto finendo di scrivere un nuovo libro sul citato Giorgio Guazzotti, mio maestro professionale e grande persona. Ho un corso di Organizzazione del Teatro all’Università di Genova, Dams di Imperia, ma soprattutto a sessant’anni appena compiuti provo ancora una grande passione civile e civica per questa città, che vorrei mettere a frutto nei prossimi mesi. Vedremo come…
Dottor Ferrari, abbiamo parlato di un sacco di cose serie, che diventano sciocchezze a fronte di una sua drammatica esperienza di vita. Tanti alessandrini ricordano con affetto suo figlio Alioscia, e seguono con attenzione le attività dell’associazione a lui intitolata..