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La conciliazione in ambito sanitario
Giovedì 30 giugno un convegno all'Ospedale di Alessandria sulle problematiche del decreto e sulle proposte di miglioramento
Giovedì 30 giugno un convegno all'Ospedale di Alessandria sulle problematiche del decreto e sulle proposte di miglioramento
È opinione diffusa che la salute dei cittadini debba essere salvaguardata più che dalla professionalità del medico, dalla magistratura, che negli ultimi anni ha assunto il ruolo di strenuo difensore del paziente-cittadino dalla cosidetta “malpractise”, realtà che ha preso d’assalto il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Sia essa portata dalle grandi aspettative che l’opinione pubblica ripone nella scienza medica considerata dall’immaginario collettivo infallibile, oppure dalla considerazione del paziente che ha di sé, in quanto non più mero oggetto di trattamenti terapeutici, ma soggetto titolare di diritti che vuole vedere garantiti sia nel proprio interesse che in quello della collettività, alla base c’è una carenza di fiducia nel rapporto medico-paziente.
L’attività giudiziaria per natura non dispone a tale obbiettivo, mentre uno Sportello di Conciliazione può favorire il ricucire dei rapporti tutelando, da una parte, il decoro e l’immagine del professionista e dall’altra la salute del cittadino.
In Italia, al contrario di molti Paesi stranieri, tutto questo non esiste. Risulta, infatti, piuttosto ardua la quantificazione degli errori medici in quanto, escluse le statistiche pubblicate dalle varie società assicuratrici, non esiste nessun organo ufficiale preposto alla raccolta dati dei sinistri in ambito medico. E proprio l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA) ha riscontrato che i casi di malpractise ricoprono il 5% dell’intero ramo della responsabilità civile generale escluso RC Auto.
La normativa nazionale prevede il risarcimento sotto l’aspetto civile sotto il profilo del danno morale, di quello biologico e della vita di relazione. La tutela penale invece viene usata come una sorta di “pluris” per portare ad una risarcibilità civile più incisiva.
Autorevoli personalità addirittura ritengono che il nostro codice penale sia privo di un sistema di norme atte a interpretare la complessità e la peculiarità del trattamento medico-chirurgico.
Ciò non toglie che, sotto lo stimolo dell’Unione Europea, sia stata emanata la legge che introduce l’obbligatorietà della conciliazione in ambito medico, successivamente fatta rientrare nelle materie indicate dal decreto legislativo 28/2010. Le controversie rientranti possono riguardare i danni causati dall’errore di diagnosi nella terapia, dall’omessa o irregolare informazione dove obbligatoria per legge, responsabilità del medico delle struttura ospedaliera, responsabilità per danni collegati al servizio di ricovero.
In diverse realtà italiane si è già colta l’importanza di questo strumento, ad esempio con la “joint-venture” fra l’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e la Camera di Conciliazione istituita presso l’Ordine degli Avvocati di Roma che hanno creato Accordia, progetto pilota di creazione di un istituto di conciliazione specializzato in ambito sanitario con personale formato e preposto a dirimere le controversie fra pazienti e personale sanitario.
Mutuando l’esperienza di Accordia, altre realtà quali Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento hanno deciso che, con l’apporto attivo delle associazioni di tutela come Cittadinattiva, potevano fornire un servizio davvero utile con risparmio di costi e di e di tempo.
La speranza è che il vantaggio di trovare una soluzione, o comunque un compromesso accettabile in tempi così rapidi, trasformi quello che sembra una scommessa in un’operazione di successo.