Bertinotti: "Costituzione rovesciata, ripartiamo dai diritti e dal lavoro"
Per lex presidente della Camera una serata alessandrina con gli occhi rivolti al futuro del Paese, e dellEuropa. Dai padri costituenti alla globalizzazione, attraverso il filo rosso del movimento operaio
Per lex presidente della Camera una serata alessandrina con gli occhi rivolti al futuro del Paese, e dellEuropa. Dai padri costituenti alla globalizzazione, attraverso il filo rosso del movimento operaio
Arriva in leggero anticipo, e non si sottrae all’abbraccio di estimatori e vecchi amici. Per ognuno ha un sorriso, un ricordo affettuoso, una stretta di mano e anche qualche foto ricordo. Fausto Bertinotti è sempre lui, eleganza impeccabile e sigaro d’ordinanza, e venerdì sera ad accogliere l’ex presidente della Camera alla sede dell’Associazione Cultura e Sviluppo c’è un pubblico attento, per lo più di intellettuali e addetti ai lavori della sinistra, locale e non.
Del resto l’occasione è “alta”: una riflessione sull’attualità della nostra carta costituzionale, e la necessità di difenderne i valori fondanti. Si parla dell’ultimo libro dell’ex leader di Rifondazione Comunista (Chi comanda qui? Come e perché si è smarrito il ruolo della Costituzione, Mondadori, 2010), ma naturalmente il pensiero va anche all’attualità, italiana ed europea, e ad emergenze che si chiamano lavoro, welfare, diritti sociali e individuali, democrazia a rischio. Bertinotti non ha, e non ha mai avuto se guardiamo alla sua storia politica, l’ossessione di Berlusconi. Cita il premier en passant, se funzionale al discorso, e senza minimamente speculare sul declino del Cavaliere, o sulle gaffes internazionali ormai all’ordine del giorno. Guarda invece, “il compagno Fausto” (Giorgio Barberis, ricercatore universitario alessandrino e consigliere comunale, nella sua veste di moderatore della serata, lo chiama proprio così, e Bertinotti sorride sotto i baffi, si vede che gradisce), alla crisi epocale della vecchia Europa, alla mancanza di una politica capace di indirizzare le scelte della società, e anzi ormai fagocitata da un capitalismo finanziario “a vocazione totalitaria e totalizzante”, che non va d’accordo con la democrazia, e anzi tende a negarla in nome della sopravvivenza materiale degli individui.
E’ capace, Bertinotti, di sintesi di grande effetto: come quando ricorda che per la nostra Costituzione (“tra le più belle del mondo, forse la più bella, frutto dell’elaborazione di giganti del pensiero politico”) l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro come diritto/dovere, mentre oggi siamo arrivati al rovesciamento del concetto. “Basti pensare al caso Fiat – dice l’ex presidente della Camera, in cui Marchionne ha detto in sostanza agli operai: o rinunciate ai vostri diritti, o rinunciate al lavoro”. Segnali di una nuova barbarìe, e di un ritorno alla forza lavoro come pura merce, e anche di basso valore, data l’abbondanza di manodopera? Sconfitta e tramonto del movimento operaio? Su questo tema, e sulla distanza più o meno colmabile tra Costituzione e realtà dei nostri giorni, Bertinotti ha duettato, in punta di stile e con reciproche raffinatezze, con il professor Renato Balduzzi, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università del Piemonte Orientale. “Su un tema il pensiero marxista e la dottrina sociale cattolica – ha ricordato l’ex segretario di Rifondazione – sicuramente convergono, ed è nella visione di un lavoro certamente non riducibile a merce. Il lavoro è dignità, coscienza di sé e speranza di miglioramento per i propri figli. La sinistra europea (il problema oggi è continentale, e mondiale: la situazione italiana, pur con l’anomalia berlusconiana, non è così diversa da quella del resto del continente) deve ripartire da qui, da questa consapevolezza, e superare l’attuale ‘gelata’ della democrazia, per arrivare ad una nuova primavera dei diritti, di cui più che mai le nuove generazioni sentono la necessità”.
Impossibile però a questo punto non guardarsi attorno, e non percepire che loro, i giovani, ossia i soggetti che dovrebbero essere più interessati a questo nuovo percorso tutto da costruire, in sala praticamente non ci sono, ad eccezione di qualche addetto ai lavori. E questo, in un momento di grande “effervescenza” delle nuove generazioni, dal nord Africa alla Spagna, probabilmente può e deve essere oggetto di ulteriore riflessione. “Attenzione - ammonisce inoltre il prof. Balduzzi – a non scavare un solco troppo ampio tra noi e loro. Noi siamo anche loro, e viceversa. E se è vero che oggi si può parlare di Costituzione rovesciata, dobbiamo anche essere consapevoli che un certo livello di tensione tra la carta costituzionale come modello, e la realtà, è sempre stata nelle cose, e i padri fondatori ne erano consapevoli”.
“Ma la globalizzazione è davvero tutta da buttare?” chiede a Bertinotti un ragazzo fra il pubblico. E la risposta è chiara: “la globalizzazione c’è un fenomeno storico planetario, e un piccolo paese come l’Italia non può che subirla. L’Europa però dovrebbe avere la forza politica di gestirla, guidarla: altrove succede, si pensi al Brasile. Qui siamo fermi, immobili e spaventati. No, la globalizzazione non è solo negatività, può essere anche una risorsa: soprattutto per le forze di sinistra, che devono saperne trarre gli elementi positivi in termini di contaminazione, di mescolanza, di confronto”.
Resta però il dilemma di fondo di un Paese, e di un continente, in cui dal dopoguerra in poi le classi popolari hanno potuto beneficiare, attraverso un percorso di lavoro e di lotta per i propri diritti, di un miglioramento costante delle proprie condizioni di vita. “Gli operai che ho conosciuto io – conclude Bertinotti – erano orgogliosi del proprio lavoro, pieni di forza e dignità, ma al contempo aspiravano per i propri figli ad un percorso diverso, da ingegneri o da avvocati. Perché il lavoro fisico è prima di tutto fatica, e che l’uomo possa aspirare a migliorare è un atteggiamento mentale sano, è la molla che sta alla base di una società, Oggi purtroppo le nuove generazioni vivono in un’incertezza permanente, che tende ad uccidere la speranza: ed è su questo che in particolare la sinistra deve lavorare”.
Ma come? Qual è concretamente la via d’uscita? Queste le domande che circolano in platea, e nella società. Bertinotti la sua lettura l’ha data, e naturalmente non possiede la bacchetta magica, né ama atteggiarsi a demagogo. Mordicchia il suo sigaro, e saluta Alessandria con un auspicio, e una parola d’ordine: “ripartire dai diritti, e dal lavoro”.