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Come cambia la città: lo stadio Moccagatta
Gli esordi di una squadra senza stadio, quando lo sport era semplice
Gli esordi di una squadra senza stadio, quando lo sport era semplice
MemoriALE – Uno stadio che è dentro la città e vicino al suo cuore pulsante. Il Moccagatta fu inaugurato il 28 ottobre del 1929 col nome di “Campo del Littorio”, su spinta sia delle richieste dei tifosi, ma soprattutto del regime fascista che desiderava costruire, in tipico stile nazionalista, un’opera grandiosa che fosse allo stesso tempo una fabbrica di campioni (l’attività fisica era considerata fondamentale per formare degli uomini forti e utili in guerra). Il progetto iniziale era molto più pretenzioso: si parlò inizialmente di un enorme complesso comprendente non solo il campo da calcio, ma anche la pista per l’atletica, una piscina e le strutture per altre svariate attività. A questo progetto ne seguirono altri, che prevedevano ad esempio la simultanea ed adiacente costruzione di un monumento ai caduti della Prima Guerra mondiale. Questa soluzione venne infine bocciata, riservando percorsi diversi per le due opere. Il monumento ai caduti trovò spazio in Corso Crimea: l’imponente statua equestre all’interno dei giardini pubblici (opera di Gaetano Orsolini). Lo stadio invece fu costruito in forme più contenute ed in tempi brevissimi, tanto che al momento dell’inaugurazione in realtà esso aveva già ospitato delle partite (il 6 ottobre i Grigi vi avevano giocato contro la Roma).
La società di calcio alessandrina, tuttavia, esisteva già dal 1912, nonostante la mancanza di una struttura idonea. Le prime partite venivano giocate nello sconnesso campo di legno della Piazza d’Armi Vecchia, ovvero l’odierna Piazza Matteotti. Con l’avvento della Grande Guerra ci si trovò obbligati ad utilizzare un rettangolo erboso ricavato fra le casematte della Cittadella. Nel biennio 1918-19 lo spazio scelto fu quello invece del campo Sportivo Militare, posizionato a nord della Piazza d’Armi Nuova (il campo d’aviazione) ed originariamente realizzato dai prigionieri austriaci internati in città. Poi nel 1919 nacque il campo degli Orti, fra le attuali via Vinzaglio, via Donizetti , via Poligonia e viale Milite Ignoto, chiamato dai tifosi il “pollaio”, perché qui le squadre avversarie venivano metaforicamente spennate come polli.
Leggere le iniziali vicende di questa piccola società, che in realtà percorrerà poi percorsi importanti (ricordiamo che l’Alessandria fu in serie A e diede i natali a grandi campioni, primo fra tutti il Golden Boy Gianni Rivera), fa pensare ad un senso dello sport purtroppo spesso perduto, offuscato dai miraggi del denaro e del guadagno facile. Lo spirito sportivo si nutre di cose semplici, ma preziose: il coraggio, l’intraprendenza, la costanza, il sacrificio. Tutto ciò che mette l’uomo alla prova con se stesso e con i suoi limiti, in maniera genuina ed educativa.
Questo non può che essere un valore aggiunto per gli abitanti di una comunità, nella quale come vediamo non sono mancati esempi positivi e significativi di “sportività”, ieri come oggi (citiamo Valeria Straneo, ottava nella maratona alle ultime Olimpiadi di Londra). Anzi, a pensarci bene, potremmo addirittura accorgerci che proprio sulla base di quei valori Alessandria potrebbe trovare la grinta necessaria a risollevarsi e ricominciare a correre.
Campo del Littorio – Alessadria, Luigi Sartorio, 1930 circa, stampa ai sali d’argento. Per gentile concessione della Fototeca Civica di Alessandria.
La società di calcio alessandrina, tuttavia, esisteva già dal 1912, nonostante la mancanza di una struttura idonea. Le prime partite venivano giocate nello sconnesso campo di legno della Piazza d’Armi Vecchia, ovvero l’odierna Piazza Matteotti. Con l’avvento della Grande Guerra ci si trovò obbligati ad utilizzare un rettangolo erboso ricavato fra le casematte della Cittadella. Nel biennio 1918-19 lo spazio scelto fu quello invece del campo Sportivo Militare, posizionato a nord della Piazza d’Armi Nuova (il campo d’aviazione) ed originariamente realizzato dai prigionieri austriaci internati in città. Poi nel 1919 nacque il campo degli Orti, fra le attuali via Vinzaglio, via Donizetti , via Poligonia e viale Milite Ignoto, chiamato dai tifosi il “pollaio”, perché qui le squadre avversarie venivano metaforicamente spennate come polli.
Leggere le iniziali vicende di questa piccola società, che in realtà percorrerà poi percorsi importanti (ricordiamo che l’Alessandria fu in serie A e diede i natali a grandi campioni, primo fra tutti il Golden Boy Gianni Rivera), fa pensare ad un senso dello sport purtroppo spesso perduto, offuscato dai miraggi del denaro e del guadagno facile. Lo spirito sportivo si nutre di cose semplici, ma preziose: il coraggio, l’intraprendenza, la costanza, il sacrificio. Tutto ciò che mette l’uomo alla prova con se stesso e con i suoi limiti, in maniera genuina ed educativa.
Questo non può che essere un valore aggiunto per gli abitanti di una comunità, nella quale come vediamo non sono mancati esempi positivi e significativi di “sportività”, ieri come oggi (citiamo Valeria Straneo, ottava nella maratona alle ultime Olimpiadi di Londra). Anzi, a pensarci bene, potremmo addirittura accorgerci che proprio sulla base di quei valori Alessandria potrebbe trovare la grinta necessaria a risollevarsi e ricominciare a correre.
Campo del Littorio – Alessadria, Luigi Sartorio, 1930 circa, stampa ai sali d’argento. Per gentile concessione della Fototeca Civica di Alessandria.